Idee per una Nuova Mobilita’ a Modena

Claudio Borsari e Andrea Burzacchini

Nota: il documento è a disposizione di chiunque lo voglia usare, per scopi non commerciali. Chiediamo che vengano sempre citati titolo ed autori

Ringraziamo Rosella Molinari, Davide Paltrinieri e Giulia Sabattoli per i preziosi consigli in fase di revisione.

Chi siamo, il perché di questo documento

Siamo entrambi Modenesi, viviamo da tempo all’estero (Andrea Burzacchini a Friburgo, Claudio Borsari a Londra) e ci occupiamo entrambi di mobilità. Siamo stati entrambi coinvolti, in modi diversi, a contribuire allo sviluppo della mobilità a Modena, città in cui torniamo con regolarità; da sempre seguiamo con passione i dibattiti sulla mobilitàin città e sugli aspetti ad essa legati.
Questo documento vuole essere una sorta di “dichiarazione d’amore” alla nostra splendida città, in modo particolare a quello che la città può diventare se si sceglie, a partire da oggi, di realizzare una città per le persone, in cui il muoversi a piedi, in bicicletta e con i mezzi pubblici sia attrattivo e naturale, come accade nelle città d’Europa.
Modena è purtroppo ancora una città troppo inquinata, troppo rumorosa, con un numero enorme di incidenti gravi; è ancora una città in cui le persone, in modo particolare bambini, anziani, portatori di handicap e in generale utenti vulnerabili non possono sentirsi sicuri e a proprio agio a spostarsi e a vivere gli spazi pubblici in città. Tutto questo deve cambiare.
In questo documento lanciamo alcune idee, concrete e realizzabili, per una mobilità moderna ed europea per Modena. Mettiamo questo testo a disposizione degli amministratori, delle forzepolitiche, delle associazioni, degli stakeholder che hanno a che fare con la mobilità,dei media, e di tutti i cittadini affinché possa contribuire al dibattito sul futuro della mobilità nella nostra città.
Due parole sulle condizioni al contorno di questo documento, sia da un punto di vista di contenuti che dal punto di vista geografico.
Sappiamo bene che è impossibile affrontare il tema della mobilità, senza affrontare quello della pianificazione urbanistica, dell’offerta della casa, dell’uso dello spazio, delle funzioni della città, delle modalità di lavoro. Tali elementi compariranno nel documento, ma vogliamo dare alle questioni strettamente riguardanti la mobilità un ruolo primario.
Allo stesso modo, sappiamo bene come la mobilità della città sia fortemente influenzata da scelte prese da altri comuni ed in ambiti amministrativi superiori, come la Provincia e la Regione, nonché influenzata dai gestori del trasporto pubblico e dall’Agenzia della Mobilità. Non trascureremo questi aspetti, anche indicando come il Comune di Modena possa affrontare il rapporto con altri enti, ma ci dedicheremo prioritariamente alle questioni “interne” alla città.
Peraltro, le idee che presentiamo, sebbene si riferiscano alla città di Modena, sono per lo più trasferibili anche negli altri comuni della nostra provincia, in modo particolare quelle che si riferiscono a uso della strada, pedonalità e ciclabilità; questo perché le idee che presentiamo il più delle volte non richiedono necessariamente grandi interventi infrastrutturali ma si riferiscono a interventi soft, spesso relativi alla stessa organizzazione dello spazio.
Dopo una breve trattazione pratica e teorica sul perché della necessità di un radicale cambiamento, ed alla filosofia che muove il cambiamento da noi auspicato, dedicheremo un capitolo ciascuno alle quattro modalità di spostamento principali: piedi, biciclette, mezzi pubblici, automobili; un penultimo capitolo su “varie ed eventuali” precede poi il riassunto con le nostre conclusioni.

Obiettivo 2030 – Una svolta nella mobilità

Le ragioni per un cambiamento profondo e radicale nella mobilità a Modena sono globali e locali e coprono un arco che va dalle ragioni ambientali, alla salute, alla rigenerazione urbana e allo sviluppo dell’economia locale. Vogliamo qui elencarle brevemente.

  • Cambiamento Climatico: le emissioni da trasporto rappresentano una
    delle fonti più resistenti alla riduzione. Le emissioni includono sia quelle dirette (tubo di scarico) che quelle generate per estrarre, trasportare, lavorare e riciclare/disporre della tonnellata di materiali che compone ogni veicolo (embodied carbon), per trasportare 80 kg di persona e 15 kg di spesa per poche centinaia di metri. Questo spreco di risorse non è più accettabile. Il sesto rapporto IPCC dimostra chiaramente che per mantenere il riscaldamento globale sugli 1,5 °C rispetto al periodo preindustriale, è necessaria una drastica ed immediata riduzione delle emissioni, quantificata dall’Unione Europea in 90% delle emissioni da trasporto (Fit for 55). Ad oggi, se tutti i piani di riduzione venissero attuati, si assisterebbe a un aumento di oltre 3 °C delle temperature. Il rischio di superare gli 1,5 °C già nel 2027 è estremamente reale. È necessario un significativo e drastico cambio di passo, perché ogni centesimo di grado risparmiato significa una riduzione di eventi estremi, con morti e danni. Modena è una città del mondo, e come città del mondo deve dare un contributo alla lotta al cambiamento climatico.

Stima dell’impatto degli impegni presi dagli Stati per la riduzione delle emissioni e riduzioni necessarie per contenere gli aumenti di temperature entro le soglie di rispettivamente 1,5 e 2 °C (IPCC)

  • Salute: sulle strade di Modena si muore troppo, e troppo spesso sono gli utenti vulnerabili, pedoni, ciclisti, bambini e anziani, che hanno la peggio. I dati del Comune di Modena indicano una sostanziale stabilità nel numero delle vittime. Pur rappresentando circa il 20% degli spostamenti, in media la percentuale di morti e feriti tra pedoni e ciclisti è il 28% del totale tra il 2016 e il 2021, e del 56% tra il 2019 e il 2021. Il principale rischio in un incidente stradale è rappresentato dalla velocità – la probabilità di esiti gravi si riduce di oltre il 90% riducendo la velocità da 50 a 30 km/h. In aggiunta, le emissioni locali di particolato hanno effetti deleteri sulla salute e si possono contare ogni anno migliaia di morti premature dovute all’inquinamento. Non basta certo la transizione verso l’auto elettrica o ad idrogeno, dal momento che circa la metà delle emissioni di particolato deriva da pneumatici e freni. Ulteriori impatti sulla salute dell’abuso dell’automobile includono gli impatti di rumore e inattività fisica. È quindi necessaria una significativa riduzione del numero degli spostamenti in auto e del parco circolante.
  • Rigenerazione urbana: una mobilità autocentrica supporta la diffusione
    urbana e la continua espansione delle zone urbanizzate utilizzando il territorio in maniera estremamente inefficiente, rendendolo più vulnerabile ai sempre più frequenti eventi estremi dovuti alla crisi climatica. Le infrastrutture per l’automobile – autostrade e strade, rotatorie, parcheggi – spezzano la città in aree separate (commerciale da un lato, residenza da un altro, luoghi di lavoro ancora separati, etc.) con distanze troppo elevate per la mobilità attiva, troppa frammentazione per il trasporto pubblico, livelli di frequentazione troppo bassi (e solo in certe aree della giornata) per supportare economia e comunità locali (incluso il piccolo commercio).
  • Economia locale e delle famiglie: la mobilità autocentrica supporta lo
    sviluppo di grandi strutture e grandi insediamenti, che causano uno svuotamento degli spazi urbani e la perdita del tessuto di piccole imprese e negozi locali, oltre che delle infrastrutture per la comunità e per la socialità. Il piccolo commercio dovrebbe essere in primissima fila nel richiedere un ribilanciamento degli spazi pubblici per le persone e non per le automobili. Non possiamo inoltre dimenticare le ingenti spese delle amministrazioni comunali per mantenere, riparare e gestire gli spazi dedicati all’auto, a partire dalle strade; maggiore è la componente di mobilità leggera, minore è la spesa che deve essere sostenuta dal Comune. Da non dimenticare, infine, le spese dirette delle famiglie: un’auto privata, pur rimanendo ferma oltre il 90% del tempo, costa tra i 300 e i 700 euro al mese, tra spese di acquisto, uso, assicurazione, manutenzione; un modello di mobilità che costringe la maggior parte delle famiglie a possedere due auto è un modello che priva i cittadini di possibilità di risparmio ed investimento ai fini di cultura, sanità, divertimento ed aumento di qualità della vita, in particolare per le famiglie meno abbienti.

Tutte le città europee che hanno avviato negli ultimi due decenni una radicale svolta della mobilità urbana, riducendo il numero delle auto di proprietà, hanno registrato notevoli successi in tutti gli ambiti sopra descritti.
Riteniamo quindi che la nostra città debba intraprendere un radicale piano con l’obiettivo di trasformare radicalmente la mobilità urbana entro il 2030. Questa svolta 2030 rappresenta una precondizione affinché tutte le scelte sullo sviluppo urbano (dagli spazi sociali, alla casa, alla pianificazione urbanistica, allo sviluppo economico, alla salute, alla sostenibilità) contribuiscano a trasformare una città soffocata dal 70% di spostamenti su mezzo privato (di cui il 70% sotto i 5 km e addirittura il 45% sotto i 2,5 Km!) in una città in cui tutti, a partire dai più vulnerabili, abbiano la libertà di muoversi in sicurezza nel modo più efficiente per le esigenze della comunità e del pianeta.
Misurare il successo – Quali obiettivi
Per accompagnare questo cambiamento radicale, riteniamo opportuno stabilire nuovi parametri per misurare il funzionamento di una strada. Se le misure sono flussi e congestione veicolare, non si progetterà nulla di diverso da quel che si è fatto negli ultimi decenni, certamente non alla scala a cui necessario intervenire a Modena. Se si progetta per veicoli e traffico, inevitabilmente si otterranno veicoli e traffico.
Se invece si progetta per piedi, biciclette e mezzi pubblici, si otterranno spostamenti a piedi, in bicicletta e su mezzi pubblici, e soprattutto spazi urbani inclusivi, vivibili e attivi. Ci sono vari esempi che si possono citare, dalle Transit Oriented Communities Design Guidelines di Vancouver (basate sulle 5 D – Destination, walking Distance, people-friendly urban Design, Density, Diversity, Demand management), al Great Public Spaces Toolkit del New South Wales (Australia) basato su 10 principi – salute e attività fisica, apertura e accoglienza, centrate sulla comunità, cultura e creatività,identità locale, spazi urbani, sicurezza, economia locale, manutenzione, verde e adattamento (al cambiamento climatico), alla città delle distanze brevi di Friburgo.
A Londra si usa un framework chiamato Healthy Streets, anch’esso basato su 10 indicatori (inclusività, facilità di attraversamento, ombreggiamento, luoghi per sedersi e riposarsi, rumore, possibilità di scegliere di camminare e usare la bicicletta, sicurezza, luoghi di interesse, livelli di stress, inquinamento) che si sviluppano una ‘design checklist’ di 30 parametri misurabili in strada (dai flussi, velocità e composizione del traffico, a emissioni, rumore, presenza di alberi, attraversamenti, frequenza e accessibilità dell’infrastruttura del trasporto pubblico, sequenza di panchine e luoghi di sosta, etc.). Il punto chiave di questo sistema è la sua attuazione attraverso il sistema della pianificazione, ovvero il London Plan richiede che ogni intervento, pubblico o privato, porti a un miglioramento dei parametri. In caso contrario, il progetto non viene approvato.
Infine, riteniamo importante misurare l’impatto economico di queste misure. Una mobilità autocentrica favorisce il centro commerciale e l’outlet fuori città con uno o più mega-parcheggi, ma allo stesso tempo drena e svuota le attività economiche urbane. Queste tendenze sono confermate da significative evidenze sia in metropoli (New York, Londra), che in una moltitudine di città e paesi di media e piccola dimensione (The Pedestrian Pound).
È quindi opportuno stabilire nuovi parametri di misura dell’utilizzo e del successo di una strada (senza dimenticare la necessità di ridurre i numeri inaccettabili di vittime di incidenti stradali), così da supportare e incoraggiare un cambiamento radicale degli spazi pubblici, ispirandosi anche a modelli italiani di successo quale ad esempio Piazze Aperte.
In questo nostro contributo non vogliamo definire un obiettivo di variazione del modal split che debba essere raggiunto entro un determinato anno, non è questo il luogo per formularlo. Ma di certo per la prosperità della Modena del futuro è opportuno invertire le proporzioni nelle modalità di spostamenti: 70% di spostamenti sostenibili (a piedi, in bicicletta e trasporto pubblico) e massimo 30% di spostamenti in auto privata. Molte città in Europa hanno già raggiunto questo obiettivo: per quale motivo non potrebbe raggiungerlo anche Modena?
Siamo convinti che questo debba avvenire il più presto possibile. L’obiettivo si può definire anche in termini qualitativi: Modena deve diventare una città in cui i bambini e le bambine, già dalla scuola elementare, possono andare a scuola da soli, come avviene nelle città d’Europa.

Mobilità, una questione di spazio e di tempi

Michael Coville Andersen, uno dei più vocali promotori della mobilità sostenibile e fondatore dell’agenzia Copenhagenize, l’ha definita l’arroganza dello spazio: l’utilizzo di tutto o quasi lo spazio disponibile tra due edifici per gli spostamenti motorizzati.

Immagine tratta da “The Arrogance of Space” di M.Coville Andersen

Come si vede dall’immagine sopra, la mobilità è soprattutto una questione di spazio: costruisci spazi per auto, la gente si muoverà in auto; costruisci spazi per persone, la gente si muoverà a piedi, in bicicletta, coi mezzi pubblici.
Modena, come la maggior parte delle città del mondo, ha visto decenni di pianificazione dello spazio a favore dell’automobile: sedi stradali quasi interamente dedicate alle auto, singole corsie sovradimensionate, anche oltre il più che generoso standard di 3,25 metri definito dal Codice della Strada (per fare un confronto, una corsia autostradale standard è 3,75 m – quante strade a Modena, anche di nuova realizzazione, hanno corsie, carreggiate e banchine ben più larghe?).
Questo porta sia piazze e spazi monumentali, che zone residenziali, a dedicare la maggior parte dello spazio alla circolazione delle automobili e non a spazio pubblico attivo. Si tratta, insomma, di dare strada alle persone, come ben riassume l’urbanista Matteo Dondé.
In Europa (senz’altro in Germania, Olanda e Scandinavia, ma ormai anche in Spagna, Francia ed Inghilterra) da ormai un decennio si è intrapresa una radicale svolta a questo modo “tardo novecentesco” di intendere la città: si sono progressivamente aumentati gli spazi dedicati a chi si muove a piedi (marciapiedi più larghi, pedonalizzazioni), in bicicletta (corsie ciclabili in carreggiata invece che sul marciapiede, nuove regole in favore delle biciclette) e su mezzi pubblici (corsie preferenziali, priorità ai semafori); di conseguenza si sono ridotti gli spazi di fatto esclusivi per il traffico motorizzato.
È questo il cambiamento radicale che auguriamo per Modena. Un cambiamento che rende le strade più democratiche, per usare la bella espressione coniata dall’ex-assessore alla Mobilità del Comune di Bologna Andrea Colombo; cioè, strade più sicure, più belle, più inclusive, più silenziose, più pulite, più economiche.

Modena città 30
Coerente con questa svolta è l’adozione al più presto del limite dei 30 all’ora come norma e non come eccezione. Tale limite viene ormai adottato in sempre più città d’Europa e anche in Italia, riconoscendone il valore primario per la sicurezza delle persone e per un uso inclusivo della strada e quindi della città, come descritto nelle righe precedenti. In questa estate 2023, tra l’altro, diverse associazioni e cittadini hanno lanciato l’iniziativa #modena30subito, chiedendo al Comune di realizzare questo cambiamento. Al tempo stesso non mancano ormai le evidenze per cui l’adozione generalizzata del limite dei 30 abbassa notevolmente il numero di incidenti gravi e mortali, senza “rallentare” in alcun modo i tempi di spostamento in città.
Sarebbe quindi opportuno da parte dell’Amministrazione Comunale una radicale riforma del percorso temporale previsto dal PUMS in vigore nel quale già si prevede un progressivo aumento di strade o zone 30, ma eccessivamente lento e frammentario.
Il nuovo percorso potrebbe invece seguire un percorso del genere:

  • Indicare quelle poche strade principali in cui sarà consentito il limite eccezionale dei 50 km/h (eventualmente quelle a due corsie per ogni senso di marcia e quelle con poca o nulla presenza di intersezioni, abitazioni, negozi, punti attrattori), assegnando quindi il limite dei 30 all’ora su tutto il resto della città abitata.
  • Indicare al tempo stesso la roadmap che porterà all’adozione del nuovo
    provvedimento quartiere per quartiere (iniziando subito dopo la decisione e prevedendo una durata massima di pochi mesi per la sua realizzazione).
  • Intraprendere una campagna per informare capillarmente i cittadini sulle
    motivazioni della scelta, sui suoi vantaggi per le persone (anche per le auto!), nonché sulle regole e sulle sanzioni previste
  • Dotare le strade della segnaletica verticale ed orizzontale necessaria.
  • Al tempo stesso, già ben prima dell’adozione del provvedimento di città 30,
    pensiamo sia necessaria un’iniziativa straordinaria da parte dell’Amministrazione e della Polizia Municipale sul rigoroso rispetto dei limiti di velocità attuali e del rispetto degli attraversamenti pedonali, iniziativa che porti a modificare il comportamento delle persone in pochi mesi

Modena a piedi

Camminare è la prima forma di movimento, più immediata, più naturale e più sostenibile. Secondo il Codice della Strada il marciapiede non può essere inferiore a 1,50 metri, eppure immagini come quelle sotto sono estremamente comuni nella nostra città.

Marciapiedi a Modena: spesso una situazione indegna per un Paese civile, che impedisce di vivere la città

Marciapiedi angusti, di larghezza insufficiente, spesso occupati da automobili parcheggiate nell’assoluta indifferenza nei confronti di chi si muove a piedi. È indubbio che questa situazione è particolarmente odiosa in quanto le prime vittime sono le persone più fragili, quali anziani, bambini e disabili e chiunque si trovi in condizioni di difficoltà di deambulazione.

È quindi auspicabile quindi intraprendere una straordinaria operazione per portare la situazione alla normalità, agendo su alcuni punti:

  • Un programma di rifacimento e ampliamento dei marciapiedi, dedicando eventualmente una determinata percentuale del bilancio comunale a questa voce per alcuni anni. Per decidere le priorità e l’ordine di intervento (i lavori da fare sono molti e di ingente entità) può essere utile basarsi sui 38 rioni definiti dal PUG di Modena, con il vantaggio di avere un uso delle risorse bilanciato e coinvolgere cittadini ed attori locali (scuole, luoghi di culto, centri di aggregazione, ed altri gruppi): in ogni rione i tecnici degli assessorati riceverebbero dalla popolazione locale informazioni su quali punti sono più urgenti da risolvere e pianificare conseguentemente gli interventi.
  • Un’immediata campagna assieme alla Polizia Locale per il rispetto assoluto del marciapiede, basata sull’informazione (anche se non dovrebbe essere necessario!) e sulle sanzioni.
  • La nomina di una sorta di “Difensore dei diritti dei pedoni” a livello comunale, all’interno dell’Assessorato alla Mobilità o ai Lavori Pubblici, che abbia il compito di rappresentare un contatto rapido e non burocratico per i cittadini che vogliano segnalare situazioni di difficoltà.

Nel medio periodo, è consigliabile stabilire standard di progettazione per gli spazi pubblici che siano adeguati a una mobilità pedonale diffusa e inclusiva:

  • Richiedere una larghezza libera minima di 2 metri (sufficiente a due carrozzine o due passeggini a incrociarsi), derogabile solo per situazioni localizzate ed eccezionali.
  • Spazi a distanze regolari (e ravvicinate) per sedersi, incontrarsi e socializzare integrate nel progetto dello spazio pubblico (di cui il marciapiede è parte).
  • Estensione e manutenzione del verde pubblico, introduzione di tecniche innovative che supportino e migliorino la biodiversità urbana, utilizzo di rain gardens e Sustainable Drainage Systems per gestire inquinamento superficiale, acque piovane ed eventi estremi.
  • Estensione dei marciapiedi e riduzione dei raggi di curvatura in prossimità degli incroci per ridurre la lunghezza degli attraversamenti e migliorare l’interazione tra pedoni e traffico migliorando la visibilità e riducendo la velocità. Impedire inoltre il parcheggio, spesso illegale, nei pressi degli incroci, sfruttando lo spazio per creare stalli per biciclette, panchine, verde pubblico.

Friburgo: protezione delle zone di pertinenza degli incroci con creazione di stalli per biciclette e spazi per pedoni

  • garantire a tutti gli attraversamenti la presenza di rampe, spazi adeguati a carrozzine e passeggini e pavimentazioni tattili per ipo- e non-vedenti.
  • introduzione   di   “Copenhagen   crossings”   (attraversamenti   in   cui   il marciapiede è continuo, e i veicoli devono attraversarlo a bassa velocitàdando la precedenza ai pedoni) agli incroci tra strade locali e strade principali.

Esempio di Copenaghen crossing (Leytonstone, Londra)

Modena in bicicletta

La bicicletta è il mezzo di trasporto urbano più efficiente sotto tutti i punti di vista e deve quindi formare uno degli assi fondamentali della mobilità di Modena.

L’efficienza energetica della bicicletta è superiore a quella di tutti gli altri mezzi di trasporto urbano, inclusa l’auto elettrica. Inoltre, l’embodied carbon (cioè, l’impatto dei materiali e processi usati per produrre, mantenere e disporre) di una bicicletta è infinitamente minore rispetto ad esempio a un autoveicolo, essendo la bicicletta molto più piccola e leggera (sia tradizionale che elettrica, rispetto ad autoveicoli endotermici o elettrici).

Gli impatti positivi per la salute dell’attività fisica sono altrettanto evidenti, e si rilevano anche in chi utilizza biciclette elettriche come transizione dall’automobile. Inoltre, questi effetti continuano per alcune ore dopo la fine dello spostamento. L’impatto positivo è anche sul benessere della persona, aumentando le occasioni di socializzazione, riducendo i giorni di malattia e aumentando la sensazione di energia e positività di chi si muove in bicicletta.

Le brevi distanze degli spostamenti urbani, soprattutto in una città piccola come Modena (il 70% degli spostamenti sono entro i 5 km, il 45% entro i 2,5 km), permettono a tutti, indipendentemente dalla preparazione atletica, di compiere questi spostamenti in pochi minuti, mezz’ora al massimo per gli spostamenti più lunghi a un ritmo decisamente rilassato, ancor di più utilizzando biciclette a pedalata assistita.

Ci auguriamo quindi un deciso cambio di marcia nella qualità e capillarità delle infrastrutture, ma soprattutto nella ripartizione degli spazi, per ottenere un significativo incremento di quota modale, ben oltre il 10% attuale di spostamenti in bicicletta (tra l’altro in calo, come dimostrato dai dati raccolti da FIAB Modena).

Indichiamo di seguito alcune soluzioni, ormai “normali” in Europa, adatte ai diversi tipi di strada.

Strade locali e di quartiere (categoria F)

Sono il punto di partenza di ogni spostamento, sono le strade su cui si affacciano la maggior parte delle nostre case. A Modena, le carreggiate sono troppo larghe, occupate da auto parcheggiate, lasciando (come scritto sopra) marciapiedi inadeguati e, in relazione alla ciclabilità, permettendo ai veicoli motorizzati velocità troppo elevate.

Immaginiamo un cambiamento drastico: carreggiate ridotte al minimo (oppure con aree di incrocio) e, ove a senso unico per i veicoli (codice della strada permettendo) a doppio senso per le biciclette (oppure con aree di incrocio), con geometrie e mitigazione della velocità (piattaforme rialzate, eventualmente dossi, disallineamento della carreggiata, aree verdi, sedute, etc.) che non permettano velocità superiori ai 30 km/h. I ciclisti devono poter viaggiare in tranquillità in carreggiata, senza rischi di sorpassi azzardati o comportamenti pericolosi da parte dei veicoli. Strade sicure e accoglienti per residenti e visitatori, non da attraversare velocemente in auto.

Molte di queste strade possono essere trasformate in strade a priorità ciclabile, già diffuse in tutta Europa e finalmente riconosciute dal Codice della Strada come strade E-bis, strade, cioè, in cui le biciclette hanno priorità assoluta sui veicoli e possono circolare affiancate.

Strade a priorità ciclabile, a Friburgo (sinistra) e a Reggio Emilia (destra)

Un’altra soluzione estremamente efficace è rappresentata dai cosiddetti filtri modali (o chiusure selettive): quelle interruzioni, cioè, del traffico automobilistico che consentono invece il passaggio di pedoni e biciclette. Tale misura (di fatto sono “paletti”) disincentiva l’uso dell’auto per attraversare i quartieri e migliora fortemente la qualità della vita all’interno degli stessi.

Filtri modali a Friburgo (sinistra) e progetto di chiusure selettivo diagonali (destra). Si pensi ai vantaggi in un qualsiasi quartiere modenese.

Strade con flussi di traffico maggiori o interquartiere (categorie E e D)

Riteniamo necessario includere infrastrutture tali che tutti gli utenti possano muoversi rapidamente e in maniera efficiente in bicicletta, guardando in primis alla sicurezzadegli utenti più vulnerabili (dai bambini che vanno a scuola, ai disabili, agli anziani) e ai motivi per cui chi non usa la bicicletta sceglie un altro mezzo.

Risolvendo le barriere all’utilizzo di chi incontra le maggiori difficoltà o incertezze, si può ambirea un significativo spostamento modale verso la bicicletta. È auspicabile un’applicazione rigorosa dei cinque principi delle infrastrutture ciclabili: connesse (assenza di interruzioni e vuoti nella rete), dirette, attrattive, sicure, confortevoli. Questo significa creare corsie ciclabili monodirezionali in carreggiata di almeno 1,5 m di larghezza libera (mantenendo 2 m dilarghezza libera ovunque possibile), come peraltro già iniziato a fare in alcuni casi (ad esempio tratto di Via Emilia Ovest da Largo Porta Sant’Agostino a Viale Cialdini).

Tali corsie possono essere di tipo diverso, su sede riservata, con segregazioni leggere, segregazioni soltanto orizzontali oppure valicabili, a seconda del tipo di strada, della larghezza della carreggiata e della presenza di parcheggi e intersezioni; l’importante è che si operi il definitivo superamento delle “piste ciclabili” di vecchia concezione, completamente segregate dalla carreggiata, che nascondono l’utente al traffico automobilistico e lo mettono in competizione con il pedone. Le strade della nostra città sono pronte per essere modificate nel modo rappresentato nelle due immagini sottostanti, che rappresentano lo stesso incrocio prima e dopo il passaggio descritto. Nell’immagine a sinistra l’utente sulla pista ciclabile è nascosto agli automobilisti e sarà di fatto costretto a dar loro la precedenza; in quella a destra, il ciclista è visibile e ha la stessa “dignità” degli automobilisti.

PRIMA e DOPO la cura: dalle piste ciclabili nascoste alle corsie ciclabili visibili

Nelle immagini sottostanti indichiamo alcuni esempi, ormai comuni in città europee ed italiane, che possono essere applicate con pochi costi e poco tempo su tutte le strade principali del Comune di Modena.

A sinistra segregazione con cordolo e parcheggi integrati, a sinistra segregazioni leggere con “armadilli” e cordolo

In generale, comunque le corsie ciclabili possono avere anche separazioni più leggere, soltanto orizzontali, con linea di separazione continua se invalicabili, con linea tratteggiata se valicabili, oppure con soluzione mista, in caso queste siano valicabili in caso di incroci o passi carrabili. In quest’ultimo caso è bene indicare le intersezioni con asfalto colorato.

Corsie ciclabili invalicabili, valicabili solo nelle intersezioni e valicabili

Un’altra soluzione largamente usata in Europa e che anche a Modena può essere ampiamente adottata è la condivisione dello spazio tra corsie ciclabili e preferenziali per autobus: in questo caso si ottiene il triplo vantaggio di ridurre lo spazio per il traffico motorizzato privato e garantire spazio esclusivo per biciclette e mezzi pubblici.

Lo spazio per queste infrastrutture si può facilmente trovare riducendo il numero e la larghezza delle corsie veicolari e riducendo o riorganizzando la sosta su strada (ad esempio,passando da parcheggi perpendicolari o a spina di pesce, a parcheggi paralleli), senza andare a impattare lo spazio già risicato disponibile per i marciapiedi (l’adozione di percorsi ciclo-pedonali in ambito urbano deve essere immediatamente interrotta e le ciclo-pedonali esistenti riadattate a marciapiede).

A Rennes, citta’ delle dimensioni di Modena, nei viali intorno al centro storico le auto hanno una sola corsia; l’altra e’ condivisa tra autobus e biciclette o interamente dedicata alle biciclette

In presenza di incroci, in modo particolare quelli semaforici e a grande flusso di traffico, le infrastrutture devono garantire continuità e sicurezza attraverso le intersezioni, dando priorità alla mobilità ciclistica, con case avanzate e corsie riservate a biciclette anche tra le corsie delle autovetture. In pratica, sarebbe opportuno realizzare in ogni grande incrocio a Modena infrastrutture come quelle indicatenelle foto sottostanti, ormai estremamente frequenti in ogni città europea.

A sinistra “Cyclops” a Manchester, a destra Friburgo

Anche in incroci privi di semaforo è bene assicurarsi che le biciclette non vengano penalizzate, ovvero realizzare elementi che consentono allebiciclette forme di priorità.

Qui l’automobile è costretta ad aspettare l’assenza di traffico indirezione opposta, mentre la bicicletta può procedere

È fortemente auspicabile inoltre prevedere misure di moderazione del traffico ove necessario (soprattutto in relazione alla svolta a destra dei veicoli, e visibilità e velocità dei veicoli in approccio e uscita). La visibilità tra i diversi utenti deve essere attentamente calibrata per evitare di incoraggiare velocità eccessive, ma allo stesso tempo garantire sufficienti tempi di reazione – che richiedono distanze minori a velocità minori.

I semafori devono essere programmati per garantire una priorità adeguata ai movimenti ciclabili, ad esempio iniziando il verde per le biciclette qualche secondo prima di quello dei veicoli e utilizzando onde verdi sincronizzate sull’infrastruttura ciclabile invece che sui flussi veicolari.

Per quanto riguarda le rotonde presenti in ambito urbano, si dovrebbe anche in questo caso favorire la sicurezza delle biciclette, come nel caso delle cosiddette rotatorie olandesi.

Esempio di rotatoria olandese

Percorsi extraurbani verso le frazioni e altri comuni, con strade di categoria D o C

Per questo tipo di collegamenti si dovrebbero pianificare percorsi continui, ormai diffusi in Europa e che in Italia vengono definite superstrade ciclabili o superciclabili. Sono quel particolare tipo di pista ciclabile, per lo più extraurbano, destinato ad innalzare l’attrattivitàdegli spostamenti in bicicletta anche al di sopra del raggio usuale di 5 km, fino a circa15–25 km (grazie anche alla diffusione delle biciclette a pedalata assistita) ed in modo particolare degli spostamenti sistematici (casa-lavoro, casa-scuola, etc…). Studi dimostrano che la distanza ciclabile utilizzando una bici elettrica cresce notevolmente (anche ove ci siano salite), in misura equivalente o superiore alla distanza di molte frazioni e comuni confinanti a Modena. Lo stesso Patto per Il Trasporto Pubblico Regionale e Locale la Mobilità Sostenibile in Emilia-Romagna per il Triennio 2022-2024”, adottato dalla Regione il 7 marzo 2022, su proposta diaMo, riconosce finalmente l’importanza della mobilità ciclistica extraurbana in chiave non solo turistica. Si dice infatti (pag. 18): “Occorre anche dare maggior impulso alla mobilità ciclistica extraurbana con previsione di corridoi super ciclabiliintercomunali che rappresentano una vera e propria alternativa all’auto privata e integrazione con il trasporto pubblico anche per distanze non brevissime”.

Idealmente si tratta infrastrutture larghe almeno 4 m, con attraversamenti e intersezioni adeguate (inclusi ponti e sottopassi, da progettare in maniera adeguata e sicura, e non i cunicoli bui e abbandonati che si vedono troppo spesso) e considerazione dell’interazione con il traffico veicolare (quindi includendo misure di riduzione della velocità ove necessario). Le infrastrutture devono essere costruite appositamente per la mobilità ciclistica sistematica lungo i percorsi più diretti e completamente separati dalla carreggiata veicolare (a differenza delle ciclabili “turistiche” che possono seguire percorsi tortuosi). Riconoscendo che la realizzazione di superciclabili è ovviamente soggetta alla disponibilità di fondi sovracomunali, sarebbe comunque importante pianificare l’adeguamento delle ciclabili extraurbane già esistenti, secondo questi standard. Oltretutto Modena possiede già un’importante infrastruttura con caratteristiche molto simili (la Diagonale) e due ponti ciclabili di altissimo livello (intersezioni via Emilia Est – Tangenziale e sulla Nuova Estense a Vaciglio). In alcuni casi, un modo estremamente economico di realizzare superciclabili è quello di riservare al traffico ciclistico le cosiddette “strade basse”, consentendo l’accesso al traffico veicolare dei soli residenti; anche quest’ultima soluzione è ora riconosciuta dal Codice della Strada sotto il nome di F-bis.

Infine, riteniamo importante pensare alle infrastrutture di parcheggio. Le rastrelliere abbandonate a terra come un retropensiero, l’assenza di parcheggi adeguati nei luoghi di lavoro o negli edifici residenziali, l’insicurezza del parcheggio ai principaliinterscambi del trasporto pubblico e la complicazione di accesso ai pochi e piccoli depositi protetti, non sono più accettabili (soprattutto in confronto alla facilità di accesso dei parcheggi per automobili).

Sarebbe opportuno istituire un numero minimo obbligatorio di parcheggi pertinenzialiper biciclette in ogni nuovo procedimento edilizio (sia come nuova realizzazione che come ristrutturazione). Il livello minimo deve essere fissato tenendo conto degli obiettivi di spostamento modale verso la bicicletta (ad esempio, dando spazio sufficiente per il 20-30% dei dipendenti, inclusa una percentuale di posti accessibili e per biciclette modificate ad esempio per disabili, o cargo bikes), considerando la localizzazione all’interno dell’intervento (ingressi e uscite di qualità adeguata, sicuri, ben segnalati e illuminati, più comodi da utilizzare dei parcheggi per autovetture) e la qualità dello spazio nel parcheggio stesso, incluse attrezzature adeguate per cambiarsi e lasciare i propri oggetti personali nel caso di ambienti di lavoro (docce e spogliatoi con armadietti).

Per i parcheggi su strada (che potremmo definire di “sosta breve”) che possono essere utilizzati per esempio da visitatori se in zona residenziale o da clienti dei negozi presso le strutture commerciali e ricreative, riteniamo utile prevedere uno standard minimo per ogni intervento; le rastrelliere a terra devono essere eliminate in favore di stalli che permettano di legare il telaio senza piegarsi, in luoghi ben visibili, ben indicati e illuminati, per garantire il massimo di sicurezza passiva. È necessario aggiungere segnaletica orizzontale, per dissuadere altri veicoli dall’utilizzare spazi riservati alle biciclette. Rimane poi necessario prevedere una quota adeguata di spazi per il parcheggio delle cargo bike (da utilizzare sia per la logistica che per trasportare gli acquisti più voluminosi) e delle bici modificate per disabili.

Stalli per le biciclette, poi, possono essere inseriti nei pressi degli incroci delle strade di quartiere, anche per disincentivare la sosta illegale di autovetture.

Modena sui mezzi pubblici

Altro pilastro fondamentale della mobilità è il trasporto pubblico per garantire la capacità di trasporto necessaria sui corridoi principali della mobilità, soprattutto sulle medie distanze. Integrato in maniera adeguata con la mobilità ciclistica, che garantisce flessibilità, convenienza e capillarità sul primo e ultimo miglio, il trasporto pubblico deve essere una degli architravi di un sistema di mobilità sostenibile.

Il trasporto pubblico a Modena soffre di una situazione di particolare sottofinanziamento, in un Paese in cui il trasporto pubblico è già poco finanziato e non è in grado di rispondere alle esigenze di mobilità dell’intera cittadinanza. L’utenza principale è rappresentata dagli studenti di scuola superiore, che si trovano a dover utilizzare mezzi spesso sovraffollati. Le frequenze sono piuttosto basse, in modo particolare negli “orari di morbida” e l’estensione oraria non raggiunge gli orari serali, escludendo quindi automaticamente chiunque decida di uscire la sera, o semplicemente finisca di lavorare un po’ tardi (magari in un’altra città): Modena ha il triste primato di essere la più grande città italiana priva di trasporto pubblico serale. L’integrazione modale è minima, così come l’integrazione tariffaria, anche se ci sono progressi sul pagamento elettronico.

Nonostante questo, i passeggeri non sembrano diminuire significativamente (anche se rappresentano una quota piccola e insufficiente della mobilità cittadina), anzi ci sono alcuni segnali di piccola crescita.

Pensiamo quindi sia importante applicare con coerenza ed in modo strutturato i risultati dello studio commissionato da aMo per il Comune a partire dal trasporto urbano e presentato al consiglio comunale a fine luglio. Sviluppare cioè il sistema basato su tre livelli di priorità: quattro linee principali BRT (Bus Rapid Transit) ad alta frequenza con elementi significativi di prioritizzazione (corsie riservate e priorità semaforica), linee secondarie a supporto e le linee di adduzione verso le frazioni.

Pensiamo quindi che il Comune dovrebbe richiedere ad aMo un piano di programmazione della modifica delle linee di TPL urbano, con l’obiettivo di introdurre le quattro linee di BRT nei prossimi quattro anni, indicando la calendarizzazione dei necessari cantieri. Al tempo stesso, in accordo con l’Agenzia della Mobilità, si dovrà stabilire un piano di finanziamento per lavori e futuri servizi.

È necessario estendere l’offerta alle ore serali, come minimo tutti i giorni fino a mezzanotte, come proposto dal progetto votato all’unanimità dall’assemblea di aMo nel 2021 e sospeso a causa della pandemia, e ribadito dallo studio in questione.

In questo modo si potrà avere un TPL non solo per studenti, ma anche per pendolari e per spostamenti nel tempo libero, dallo shopping alle visite a musei e teatri, fino a rendere facilmente raggiungibili le principali attrazioni turistiche. Un trasporto pubblico che sia quindi di servizio alla mobilità in generale e per tutti i tipi di spostamento.

È auspicabile lavorare significativamente sulla qualità delle fermate, definendo con aMo tempi e priorità del Piano di adeguamento, già previsto a partire da quelle delle linee principali. In troppe situazioni, le fermate hanno solo un palo di fianco alla strada, senza panchine, con poche informazioni (e spesso non in tempo reale), con illuminazione assente o scarsa, e condizioni di sicurezza discutibili. Soprattutto, la maggior parte delle fermate non sono accessibili per i disabili, e mancano di collegamenti pedonali (marciapiede, attraversamento) con le aree circostanti. Riteniamo poi opportuno integrare queste fermate con stalli ciclabili per favorire l’intermodalità. Le fermate sono l’introduzione del passeggero al sistema della mobilità, e devono essere luoghi sicuri, attrattivi e fornire tutte le informazioni necessarie per l’utilizzo del sistema (incluso come pagare le tariffe).

Infine, la leggibilità del sistema: l’utilizzo della rete di trasporto pubblico deve essere semplice e immediata. Le informazioni devono essere facilmente ottenibili e immediate da interpretare, in tempo reale, e il pagamento della tariffa corretta altrettanto semplice e automatico.

Il comune dovrà inoltre adoperarsi – assieme agli altri comuni e la Provincia – per sostenere le richieste di aMo alla regione per superare la distinzione tra trasporto urbano ed extraurbano, e con il trasporto su ferro. Una rete integrata quindi, con interscambi efficienti tra diverse linee e tra gomma e ferro. Idealmente tutta la rete dovrebbe fornire servizi regolari durante tutta la giornata (seppur a frequenze diverse in base a domanda e insediamenti serviti) dalle 06 alle 23, 7 giorni su sette.

Pensiamo sia importante superare il sistema di abbonamenti a singola tratta, una delle barriere principali dell’integrazione tra trasporto urbano ed extraurbano. Sempre in termini di trasporto d’area vasta, ci auguriamo che il Comune – in accordo con gli altri Comuni dell’Emilia centrale – richieda al gestore almeno due treni giornalieri di ritorno da Bologna tra le 23 e mezzanotte.

Per quanto riguarda il futuro della linea Modena-Sassuolo, sarebbe opportuno che il Comune lanciasse al più presto un Gruppo di Lavoro che includa l’Agenzia della Mobilità, i Comuni interessati (Formigine, Fiorano, Sassuolo, Maranello) e la Regione, per definire la roadmap che porti a una decisione finale sul futuro della linea.

Per quanto riguarda l’hub intermodale, cioè il trasferimento della stazione delle autocorriere presso l’ex scalo merci, si dovrebbe al più presto convocare un incontro iniziale tra Comune, Provincia, Regione e RFI per pianificare il percorso che porterà alla sua realizzazione. Come è pratica comune a livello internazionale, comprendendo il masterplan interventi privati e pubblici, sarebbe auspicabile utilizzare gli oneri degli interventi privati per finanziare, in tutto o in parte, gli investimenti infrastrutturali (prevedendo quindi funzioni e densità urbane adeguate), inclusa la ricucitura con le aree a nord della ferrovia – riteniamo che il Ponte Mazzoni debba essere riservato completamente a pedoni, biciclette e mezzi pubblici. Un hub più attrattivo, che attraverso la ferrovia riesca a intercettare anche spostamenti urbani non necessariamente legati all’interscambio, può ulteriormente supportare una crescita commerciale dell’hub stesso, generando fonti di entrata che andrebbero a supportare le operazioni e manutenzione delle infrastrutture.

Modena in auto

I moderni strumenti di pianificazione hanno ormai abbandonato il concetto di “fluidificare il traffico” (approccio che non funziona a causa della domanda indotta, ovvero più è semplice muoversi in auto, più le persone lo faranno e causeranno nuova congestione anche a fronte di nuove infrastrutture); anche nella nostra città la mobilità su auto privata ha raggiunto (e superato!) il livello massimo possibile e deve conseguentemente diminuire in modo radicale. Il Comune non dovrebbe permettere interventi che aumentino il numero di spostamenti in automobile.

Come abbiamo indicato nel secondo capitolo, non vogliamo indicare obiettivi numerici di riduzione, ma Modena deve diventare una città in cui spostarsi in auto non sia la prima scelta che viene in mente alle persone.

Riteniamo quindi importante ridurre drasticamente gli spazi dedicati al parcheggio e alla circolazione delle automobili, dando spazio a persone e mobilità sostenibile, come descritto nei capitoli precedenti (marciapiedi, infrastrutture ciclabili, corsie preferenziali e riservate per il trasporto pubblico).

Le infrastrutture stradali, con limitatissime eccezioni, devono essere progettate per una velocità massima in area urbana di 30 km/h. Questo significa carreggiate strette, raggi di curvatura agli incroci ridotti, dossi, piattaforme rialzate per gli attraversamenti, strettoie, filtri modali e chicane nelle strade locali per ridurre la velocità dei mezzi.

L’anello delle tangenziali, ormai completo, deve rappresentare una barriera per il traffico automobilistico, sia infrastrutturale che rispetto ai comportamenti: all’interno di questo, le infrastrutture sono progettate per favorire sostenibilità e qualità urbana (e dunque la vitalità economica) della città.

Questo si estende anche alla politica della sosta. Come per gli spostamenti in automobile, tutti gli strumenti di pianificazione dovrebbero stabilire che la dotazione disosta in città ha raggiunto il massimo e deve diminuire, in modo particolare la sosta su strada, che occupa spazi immensi che potrebbero più produttivamente essere utilizzati per spazi pubblici, verde e mobilità sostenibile.

La politica della sosta dovrebbe basarsi su tre pilastri:

  • Parcheggi Scambiatori: lungo l’anello delle tangenziali, collegati sia al trasporto urbano che a quello extraurbano, devono avere tutti i servizi e la convenienza per lasciare l’automobile e proseguire a piedi, in bicicletta e trasporto pubblico. Devono quindi essere dei veri interscambi intermodali, con mobilità in condivisione, parcheggi sicuri per le biciclette, capolinea delle linee primarie del trasporto pubblico e collegamenti alle ciclabili. Tali “mobility point” tra l’altro sono già previsti nello studio che il Comune ha commissionato ad aMo.
  • Dotazioni di Sosta: gli standard di parcheggio nei documenti di pianificazione dovrebbero rasformarsi da minimi a massimi, ed essere dimezzati. Sarebbe opportuno introdurre un massimo di un posto auto per unità abitativa. Gli standard dovrebbero essere collegati all’accessibilità tramite trasporto pubblico, ed essere ulteriormente ridotti in aree ad alta accessibilità, fino alla realizzazione di zone car free.
  • Tariffazione: è necessario ridurre drasticamente la sosta libera, soprattutto nelle aree centrali della città e nelle aree più accessibili tramite trasporto pubblico. Ove possibile, la sosta gratuita e illimitata nei centri commerciali, nonché nei parcheggi urbani come Piscine Dogali e Porta Nord dovrebbe essere rivista. Nei quartieri intorno al centro storico (zona musicisti, Moreali/Medaglie d’oro, Buon Pastore, Luosi, Storchi, etc…) la sosta libera dovrebbe essere riservata ai soli residenti (mediante l’acquisto di un permesso a tariffaannuale) delimitando aree di pertinenza di pochi ettari, mentre i “visitatori”pagherebbero una sosta oraria, almeno nelle ore diurne. Le tariffe devonoessere crescenti dalla periferia al centro. Nella primissima cintura intorno alcentro storico (già zona blu tranne residenti) si dovrebbe applicare la stessalogica delle zone di pertinenza (un residente in Viale Tassoni non può parcheggiare gratuitamente in viale Reiter) ed estendere la tariffazione anche nelle ore serali.

Il car sharing

I risultati di analisi e ricerche condotte da CoMoUK nel Regno unito dimostrano come un’automobile del car sharing possa rimpiazzare dalle 8 alle 20 automobili di proprietà con una flotta di età media di 1,6 anni ed emissioni significativamente inferiori al veicolo medio in circolazione. Il Mobility Punkt di Brema, uno dei sistemi di car sharing più sviluppati e spesso citato come caso studio, mostra risultati simili con una stima di 16 automobili rimpiazzate e una riduzione del parco circolante tra le 5000 e le 6000 unità.

In una città di medie dimensioni come Modena, è provato che il car sharing è molto più efficace se in modalità station based, cioè con il ritorno del veicolo al punto iniziale dopo l’utilizzo, che può essere comunque da un’ora fino a pochi giorni. In questo modo, l’automobile in condivisione non si trova a competere con altre scelte di mobilità sostenibile (trasporto pubblico in primis), e rimane disponibile per gli spostamenti per i qualiresta necessaria (dalle visite all’IKEA, ai traslochi, alle gite fuori porta!), quindi rappresentando una vera e propria alternativa all’auto (quantomeno alla seconda auto), riducendo il numero di vetture sulle strade. Il car sharing station based è inoltre molto più economico del car sharing free flow e quindi molto più attraente per i cittadini. A Modena il car sharing dovrebbe avere una dotazione di almeno 200-300autovetture (e relativi stalli riservati) di diverse dimensioni e caratteristiche (dall’utilitaria al furgone) per rispondere alle diverse esigenze; assieme ad altri comuni, il Comune di Modena dovrebbe bandire il servizio ricercando l’adesione di uno o più operatori.

Varie ed eventuali

Il centro storico

Il centro storico è il biglietto da visita di Modena verso il mondo. Non solo salotto, non solo museo, deve essere uno spazio in cui funzioni abitative, commerciali, culturali e ricreative convivono tra loro. In questo senso la mobilità deve favorire in modo particolare gli spostamenti a piedi, bicicletta e mezzi pubblici.

Pedonalizzare completamente il centro storico è praticamente impossibile, dal momento che rimane un quartiere abitato da circa 12.000 cittadini (e una riduzione degli abitanti non è certo auspicabile). Ciononostante, siamo convinti si possa procedere con alcune misure che continuino ed accelerino il processo di pedonalizzazione progressiva portato avanti negli ultimi anni.

Innanzitutto, si dovrebbe effettuare un preciso catasto dei residenti con autovettura e dei garage a disposizione, seguendo il principio che questi devono essere usati per parcheggiare l’automobile stessa e non per altri fini; in questo modo si potrebbe programmare una progressiva pedonalizzazione di molte vie del centro storico, predisponendo parcheggi per residenti lungo i viali – al contempo disincentivando la sosta sugli stessi da parte di turisti o visitatori. Al tempo stesso il centro storico dovrebbe essere diviso in zone (idealmente sei), affinché un residente abbia il diritto di entrare solo nella propria zona di residenza. Inoltre, si dovrebbe riformare completamente il sistema dei permessi per altri motivi (non legati alla residenza) a partire da una determinata data, diminuendone fortemente il numero, attraverso una netta restrizione dei criteri (ad esempio non si vede alcuna ragione per cui le auto elettriche possano circolare in centro storico, così come il permesso indifferenziato di circolazione e parcheggio per disabili dovrebbe essere limitato ad alcune funzioni).

La via Emilia, da Corso Canal Grande a via Ganaceto dovrebbe essere completamente vietata alle auto private, a parte pochissime eccezioni. La circolazione dei motocicli deve essere soggetta alle stesse regole relative alle autovetture.

I mezzi pubblici, invece, sono del tutto compatibili con la pedonalizzazione – anche grazie alla rete filoviaria – e dovranno servire il centro storico con regolarità, riducendo il più possibile i giorni di deviazione dei percorsi a causa di eventi.

Piazza Sant’Agostino deve essere restituita alla città al più presto, seguendo la storia di successo di Piazza Roma; la stessa scelta sarebbe auspicabile anche per ulteriori importanti e belle piazze del centro storica di Modena.

Logistica

Anche in aree dove la mobilità sostenibile è sensibilmente più sviluppata che a Modena, il numero di spostamenti effettuati da veicoli merci è in costante e rapido aumento. Immaginiamo quindi un piano di gestione del movimento delle merci, del numero dei veicoli in circolazione e del numero di consegne effettuate tramite furgoni. Alcuni punti cardine possono essere:

  • Consolidamento: le consegne per uno stesso indirizzo o per una stessa area  vengono raccolte in un centro di distribuzione fuori città, e poi trasportate a  destinazione tramite un singolo veicolo, meglio se cargo-bike.
  • Acquisti comuni: i posti di lavoro in uno stesso edificio o in una stessa zona  possono acquistare in comune oggetti di uso quotidiano, dalle penne alla  carta al caffè, in modo che la consegna possa essere effettuata da un singolo veicolo.
  • Cargo bike: la maggior parte delle consegne urbane sono pacchi piccoli, che possono essere facilmente trasportati su cargo bike. L’utilizzo di questi  mezzi per il primo e ultimo miglio dovrebbe essere incentivato sia tramite  progettazione adeguata delle infrastrutture, sia attraverso piani specifici.
  • Sfruttare maggiormente i periodi di calma (per esempio la notte, o la tarda mattinata) per effettuare le consegne, riducendo il traffico in particolare durante le ore di punta.
  • Sicurezza: la visibilità sui normali mezzi pesanti è troppo limitata per un  utilizzo sicuro in città, e purtroppo le notizie di utenti vulnerabili travolti e  uccisi da mezzi pesanti si susseguono. Riteniamo importante stabilire misure  di sicurezza ben più avanzate e stringenti insieme a schemi di certificazione per aziende e operatori, che si traducano in una riduzione dei permessi di ingresso per i veicoli pesanti nelle aree urbane quando non rispettino certe misure di sicurezza.

È infine auspicabile responsabilizzare progettisti, sviluppatori e amministratori, sia pubblici che privati, a sviluppare piani chiari, quantificabili e verificabili (con chiare conseguenze per la mancanza di progressi) per le principali attività logistiche sia durante la costruzione che durante la vita dell’intervento, in modo da analizzare e mitigare i rischi connessi all’utilizzo di mezzi pesanti, insieme a una riduzione degli stessi e a misure concrete per una logistica più sostenibile. Sarebbe opportuno che tali piani formassero parte di ogni procedimento urbanistico.

Mobilità e pianificazione territoriale

La pianificazione urbanistica e della mobilità sono strettamente e intrinsecamente collegate.

Densità di funzioni urbane e numero di parcheggi sono strettamente collegati alla situazione della mobilità. Come scritto prima, i parcheggi dovrebbero essere inversamente proporzionali all’accessibilità da trasporto pubblico, fino ad avere interventi car free nelle aree più accessibili, e localizzati principalmente in strutture che, con la riduzione nel tempo dell’utilizzo dell’automobile, possano essere riutilizzate per usi più produttivi (come ad esempio il Peckham Levels in cui si trovano negozi, ristoranti, servizi di comunità e volontariato, e spazi per piccole e medie imprese).

Interventi in aree scarsamente servite dal trasporto pubblico, o con scarse prospettive di essere servite in futuro, non dovrebbero essere in generale approvati, a meno di un chiaro impegno a realizzare infrastrutture per la mobilità sostenibilee finanziarne i servizi per un certo numero di anni, in modo che siano efficaci, efficienti e utili al nuovo insediamento.

La regola generale dovrebbe essere che i nuovi insediamenti si realizzano nelle aree ad alta accessibilità, e le infrastrutture per la mobilità si realizzano dove si possano poi realizzare interventi basati sulla mobilità sostenibile.

Eventi

È necessario includere i grandi eventi nella pianificazione della mobilità sostenibile. Non si possono accettare migliaia di veicoli e ore di ingorghi per un concerto o un evento sportivo, regolari o meno. Il trasporto pubblico, su gomma e ferro, non dovrebbero essere sospeso, ma adeguarsi a picchi elevati di domanda e chiusura di strade, pur restando disponibile per i normali spostamenti dei residenti.

Lo stadio Braglia si trova in una splendida posizione, a distanza pedonale dalla stazione ferroviaria e da quella degli autobus, e facilmente raggiungibile in bicicletta da tutta la città. Un piano della mobilità che porti l’utilizzo dell’auto praticamente a zero dovrebbe essere all’ordine del giorno. Lo stesso per il Palapanini, nonostante sia in una posizione più defilata.

Comune, aMo e SETA dovrebbero predisporre un piano per l’ideazione dei cosiddetti “Combiticket”, che rendono gratuito l’utilizzo del trasporto pubblico ai possessori di biglietti di ingresso ai singoli eventi (ad esempio stadio, Palapanini, Fiera, Teatro), con una percentuale del biglietto stesso che viene devoluta all’operatore del trasporto pubblico.

In generale, è auspicabile che ogni evento abbia, tra gli altri, un piano per la mobilità che indichi chiaramente e in maniera misurabile in che modo gli organizzatori intendono minimizzare gli spostamenti in auto.

Innovazioni Tecnologiche

L’industria della Silicon Valley e quella automobilistica stanno spendendo cifre altissime nella guida autonoma. La sfida scientifica e tecnologica è indubbiamente affascinante. Una flotta di veicoli autonomi, in comunicazione tra di loro e con l’infrastruttura, elettrici e in condivisione possono rappresentare un cambio di passo eccezionale per la mobilità, soprattutto in aree rurali, a bassa densità e magari isolate, dove altre soluzioni sono oggettivamente molto complicate.

Tuttavia, quando si parla di aree urbane, è fondamentale non ripetere l’errore del secolo scorso, quando la totalità degli spazi pubblici è stata riprogettata per l’utilizzo dell’automobile: il principio di progettazione fondamentale deve essere quello di progettare una città prima di tutto per le persone (e non solo per la “persona media”, ma soprattutto per i più vulnerabili, dai bambini, agli anziani, ai disabili), e in questa città e in questi spazi pubblici tutte le nuove tecnologie applicate alla mobilità devono adattarsi.

Conclusioni (e riassunto)

In questo documento vogliamo lanciare alcune idee per contribuire al dibattito sulla mobilità a Modena, ancora avvolta in una visione troppo novecentesca e incentrata sull’auto per conseguire quegli obiettivi di sostenibilità economica, sociale ed ambientale così necessari per lo sviluppo e la qualità della città.

Le sfide che abbiamo davanti sono enormi: cambiamento climatico, salute, rigenerazione e sviluppo dell’economia locale. La mobilità è il tessuto connettivo del territorio e di tutte queste sfide, eppure rimane il settore più impermeabile a significative riduzioni di emissioni. Gli impatti della mobilità automobilistica su salute (inquinamento, scarsa attività fisica, stress) e sicurezza (incidentalità e rischio per gli utenti più vulnerabili) rimangono spesso senza risposta.

Riteniamo che la mobilità sia prima di tutto una questione di spazio: troppo spazio viene dato a veicoli troppo grandi e veloci, sia in movimento (carreggiata) che in sosta (parcheggi). Riteniamo necessaria una svolta nell’allocazione degli spazi pubblici tra diversi modi di trasporto e attività urbane, invertendo “l’arroganza dello spazio” erendendo le strade più democratiche – sicure, belle, inclusive, silenziose, pulite ed economiche; strade per le persone.

Il primo e fondamentale modo di trasporto sono i piedi. Crediamo sia importante uscire dalla logica della “pedonalizzazione” del “salotto della città”, per fare un’opera di messain regola e sicurezza dei marciapiedi in tutta l’area urbana così da permettere a tutti (inclusi disabili e famiglie con passeggini) di potersi muovere in maniera indipendente. Riteniamo necessaria un’opera dettagliata di risoluzione dei punti critici, anche con un “difensore dei diritti dei pedoni” a cui i cittadini possano rivolgersi direttamente.

Siamo convinti che sia necessario un salto di qualità dell’infrastruttura ciclabile, spostando la mobilità ciclistica dai marciapiedi alla carreggiata, prevedendo priorità ciclabile nelle stradelocali e percorsi sicuri e protetti dove il numero di veicoli aumenta, eliminando completamente i “ciclopedonali”. Le intersezioni devono permettere ai ciclisti di compiere in sicurezza tutte le manovre necessarie e non rappresentare interruzionio sezioni sub-standard nei percorsi ciclabili. Bisogna prevedere stalli per biciclettedi quantità e qualità adeguata, sia negli spazi pubblici che in tutti gli interventi privati tramite apposito standard urbanistico.

Il trasporto pubblico è complementare a pedonalità e ciclabilità sulle medie distanze. Crediamo sia utile passare immediatamente alla fase realizzative dello studio di aMo pubblicato a luglio, programmando nei prossimi anni il riassetto del TPL urbano. Riteniamo importante un lavoro amministrativo a tutti i livelli per ottenere un aumento dei finanziamenti per il TPL modenese e continuare a migliorare l’integrazione e semplicità delle tariffe, per risolvere il non invidiabile primato di essere la più grande città italiana senza servizio serale e notturno. Sono inoltre opportuni interventi straordinari di miglioramento e messa in sicurezza delle fermate, con spazi sicuri, confortevoli, accessibili, informazioni all’utenza e interscambio multimodale per l’ultimo miglio.

Per quanto riguarda la circolazione veicolare, appare chiaro che questa ha raggiunto e superato il massimo possibile nella nostra città, e dunque la pianificazione urbanistica e della mobilità dovrebbero lavorare insieme per ridurre l’uso dell’automobile, sia sui nuovi interventi che in generale nell’area urbana. È quindi necessario spostare gli interventi dalla “fluidificazione del traffico” alla riduzione e messa in sicurezza degli spostamenti veicolari con un limite generalizzato dei 30km/h, riduzione di parcheggi e carreggiate, riduzione dei raggi di curvatura, messa in sicurezza degli attraversamenti e una politica della sosta il cui obiettivo sia di intercettare la mobilità automobilistica ai limiti dell’area urbana e ridurre il parco circolante in città.

Infine, alcuni interventi al contorno a supporto di una moderna pianificazione della mobilità: misure specifiche per il centro storico, sviluppo di una logistica sostenibile e sicura (standard di sicurezza per i veicoli, formazione degli autisti, consolidamento delle consegne, uso di biciclette cargo) a rimpiazzare l’attuale far-west di furgoni, pianificazione sostenibile dell’accesso agli eventi (sportivi, musicali, culturali, etc.) e regole chiare per l’innovazione tecnologica che assicurino il primato degli spazi pubblici per le persone rispetto a veicoli autonomi e qualunque altra innovazione tecnologica (per non ripetere l’errore degli ultimi decenni in cui tutto viene progettato per gli autoveicoli).

In conclusione, riteniamo che una città migliore per tutti si possa realizzare tramite spazi pubblici che permettano agli utenti più vulnerabili, dai bambini agli anziani, dalle persone più fragili a chi ha difficoltà motorie o sensoriali, di effettuare gli spostamenti quotidiani in sicurezza e indipendenza. Questa drastica limitazione della libertà di movimento senza automobile è l’indicazione più lampante (e grave) dei serissimi problemi negli spazi urbani modenesi che questo documento vuole contribuire a risolvere.

Mettiamo questo documento a disposizione di amministratori e amministratrici, forze politiche, associazioni, stakeholder ed intera cittadinanza. Speriamo possa contribuire quantomeno a migliorare la qualità del dibattito, facendo sì che venga riconosciuto il punto di vista di chi vive la cittàspostandosi a piedi, in bicicletta e sui mezzi. Alcune delle proposte che proponiamo non piaceranno a tutti; ci auguriamo soltanto che chi invece dovesse apprezzarle, non ci risponda “belle idee, ma…”. Dimentichiamocelo, questo ma!

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